#angieinvaligia

3 Agosto 2017, giovedì

Mauritius: le reveil dans l’ile gentile

Sono partita con mia sorella Chiara e i nostri 3 bambini per un viaggio in un’isola di cui sapevamo poco, forse nulla.  Un’isola dell’Oceano Indiano, capitale Port Louis, mare da sogno e spiagge bianche. Lingua parlata francese. Cucina creola molto speziata. C’est tout.

 

Siamo arrivati a Mauritius dopo un volo di 14 ore con scalo a Dubai. (Viaggiare con Emirates ci ha fatto pesare meno le lunghe ore di volo. Tra film da guardare, spuntini deliziosi e sonnellini tranquilli. Ve lo consiglio).

Dall’aeroporto ad Albion, luogo dove avremo vissuto per l’intera vacanza, ero incantata dalla vegetazione ovunque. Sembrava quasi che il pittore che aveva deciso di rappresentare Mauritius, avesse solo un colore: il verde. Piantagioni di tè ovunque, alberi di banane dolcissime, palme e canna da zucchero.

Ero in estasi.

Albion è un piccolo e tranquillo paese sulla costa occidentale dell’isola non troppo distante dalla capitale Port Louis. Ed è in questo piccolo paese sull’oceano che sorge La Plantation d’Albion.

Un villaggio del club Med meraviglioso con la possibilità di una villa indipendente e tranquilla dove trascorrere la propria intimità.  Il villaggio offre ai propri clienti, anche ai più piccoli, tantissime attività: dal tennis, al calcio, al tiro con l’arco, al trapezio. C’è poi la grande piscina che dà sull’oceano, un luogo dove rilassarsi qualche ora. Per non parlare delle numerose escursioni nell’isola gentile. L’isola dei cervi, escursione in catamarano e bagno con i delfini quelle più richieste dai turisti. Per passare all’entroterra e a quelle escursioni che lasciano senza fiato: Come per esempio le dune di Chamarel  che si trovano lungo la costa sud-ovest dell’isola e sono un luogo magico. Dune fatte di roccia e di sabbia formatesi dalle erusioni vulcaniche che hanno depositato strati di lava e ceneri nei secoli, con colorazioni diverse, che vanno dal viola al giallo, passando dal blu, verde e rosa e con una serie molteplice di sfumature a seconda delle differenti esposizioni ai raggi del sole. Sette strati di terra contraddistinti ognuno da un suo colore ma se mescolati, creano un  insieme magico e incantato, impossibile da spiegare e da lasciare. C’è poi Curepipe, una località preziosa perchè protegge gelosamente due tesori romantici e meravigliosi: il vulcano spento di Trou aux Cerfs e le Cascate Tamarin.

Per non dimenticare il Royal Botanical Garden, conosciuto da tutti come il parco botanico di Pamplemousses, creato nel 1735 dal goventatore dell’isola De la Bourdonnais e arricchito negli anni, di piante e fiori tropicali. Dalla Jakaranda blu cobalto, al loto candido come la neve, alla canfora, alle ninfee giranti, al frangipane tutto bianco con venature gialle e un profumo inebriante. Ci sono i baobab e gli alberi della gomma, le palme e i banani. Una meraviglia di colori e se volete essere inebriati  anche dai profumi, recatevi al mercato della frutta e della verdura. Noi siamo stati al mercato di Port Louis. Avvolti dall’odore penetrante del coriandolo, abbiamo vissuto l’anima pulsante  della capitale, gli usi e i costumi di un popolo, le varietà dei colori, la precisa sistemazione di ogni avocado, di ogni pomodoro, di ogni mango. Tutto era perfettamente posizionato per incantare il compratore. (Avrei portato a casa ogni angolo di quel mercato colorato, ogni frutto, ogni ortaggio insolito).

La varietà della natura è pareggiata alla varietà delle etnie che compongono l’arcobaleno della popolazione. Sensazionale per un’isola disabitata dall’uomo fino al XVII secolo. Prima sono arrivati gli arabi nel X secolo, ma l’isola fu scoperta ufficialmente dal portoghese Don Pedro de Mascarenhas che diede appunto nome all’arcipelago delle Mascarene che comprende anche l’ isola “Francese” di Réunion. Il Nome Mauritius fu dato dagli Olandesi in onore del governatore Maurice, principe di Dorange e Conte di Nassau. Il Periodo coloniale più rappresentativo dell’isola fu quello tra il 1638 ed il 1710 sotto la dominazione Olandese e quello tra il 1715 al 1810 sotto la dominazione Francese , quando Mauritius veniva chiamata “Ile de France”. Nel 1814 dopo la caduta di Napoleone l’ isola venne conquistata dagli inglesi che vi restarono fino alla sua indipendenza nel 1968. Nel tempo sono sbarcati i cinesi, gli indiani. Così oggi si trovano indiani incrociati con cinesi o bianchi dal sangue creolo. Ognuno con la sua religione e la sua lingua. Quel che mi ha sorpreso è che tutti vanno d’accordo. Non cè razzismo, non ci sono contrasti, non ci sono lotte fra religioni. Coesistono l’induismo e il cattolicesimo. Mi è capitato di vedere una chiesa cattolica di fronte ad un tempio indù.  Mi è capitato di conoscere abitanti dell’isola che vivono queste differenze di colore, di etnia, di religione come un dono, come un modo per imparare gli uni dagli altri a coesistere.  Mauritius è l’isola dell’armonia, l’isola della goia. Ma lo si percepisce solo vivendola.

Il simbolo di Mauritius è il dodo. Un uccello docile (estinto 3 secoli fa) con delle ali piccolissime che assomigliava ad un robusto tacchino con un becco grande e ricurvo che viveva in un ambiente tranquillo dove non mancava mai il cibo e i predatori erano inesistenti. Fino all’arrivo dei portoghesi nel 1507. Questi grandi navigatori ritenevano questo animale inutile in quanto non era in grado di volare, di difendersi, di proteggere le proprie uova e neppure le sue carni erano saporite. Da qui il nome Dodo, che in portoghese vuol dire “stupido”. L’uomo, si narra, sarebbe stato responsabile indirettamente della sua estinzione.

Eppure, nonostante la sua esistenza sia solo un ricordo, la sua immagine è sempre molto viva nel tempo e nella vita di tutti i giorni. Tanto da diventare il simbolo dell’isola. E l’immagine sulla moneta locale, la rupia. Oltre ad essere il protagonista di racconti, favole, cartoni animati per bambini, souvenir, pupazzi. Il dodo si respira ovunque in quest’isola.

Si perchè Mauritius o Maurice è un’isola e non un insieme di isole come molti erroneamente credono.

E’ un’isola vulcanica circondata dalla barriera corallina che dista 800 km dal Madagascar. L’isola comprende anche Rodriguez, (ubicata a 560 Km a nord est, ed alcuni atolli corallini quali Cargados, Carajos e Agalega) e Réunion   e formano l’arcipelago delle Mascarene.
Vi ho raccontato la storia di Maurice, vi ho fatto viaggiare attraverso le dune e gli atolli ma è arrivato il momento di entrare in cucina.

La cucina mauriziana prende il nome di creola per le varie contaminazioni di cui vi ho parlato. E’ un insieme di sapori e consistenze indiane, africane, cinesi con un tocco di cucina francese, provenzale per l’esattezza.

Piccante, colorata, saporita e speziatissima. Curry, peperoncino, zenzero, pepe, aglio, tamarindo e coriandolo sono alla base di moltissimi piatti. Così come la frutta è parte di numerose ricette dolci e salate: mango, ananas, lycees, frutto della passione, frutto del drago, avocado, banana, papaya e pomme cannelle.

Il piatto principale è il “Curri” (curry creolo) una salsa che aggiunta ad altri ingredienti rappresenta il piatto  domenicale delle famiglie mauriziane.  La preparazione è semplice ma ha bisogno di una lunga cottura come quella del nostro ragù italiano (sia esso napoletano o bolognese). La composizione della salsa di curri varia solo negli ingredienti che andremo ad aggiungere: carne di manzo, di agnello, di pollo, pesce o verdure. Le spezie che compongono il Curri creolo sono il coriandolo in grani, il cumino, il peperoncino, la curcuma, il pepe bianco, il masala, l’anice, la mostarda. (naturalmente ho portato a casa questo meraviglioso mix di spezie che compongono il Curri creolo e diventerà base per molti miei corsi di cucina)

Altro piatto tipico è la salsa rougaille: a base di pomodoro, zenzero e peperoncino accompagnata da carne di manzo o pollo.

Poi ci sono i Camarons à la mauricienne: gamberi in salsa d’aglio e pomodoro, ricchissimo di spezie.

e il Bol renversè  (il mio piatto preferito) a base di riso fritto, uovo e gamberi. Servito con un chutney agrodolce.

e  la Tarte Banane, piccoli biscotti a base di piccole e dolcissime banane che si trovano su tutta l’isola.

 

Ho parlato francese per una settimana ed ero felice. Mi sentivo a mio agio, mi sentivo parte di quel tutto.

Porterò nel cuore Ra-ti, la ragazza mauriziana che si è presa cura di noi per tutto il soggiorno. Porterò nel cuore i colori mozzafiato della natura più selvaggia, i profumi intensi delle spezie e la leggenda del dodo che è ancora viva in ognuno.

E’ stata una vacanza rilassante, di quelle che non facevo da un po’. E’ stato come un risveglio nell’isola gentile.

Spiagge bianche interminabili, barriera corallina, pesci grandi con cui fare il bagno e tramonti colorati da lasciare il fiato. Eppure la vera bellezza di Mauritius sta nella sua gente, artefice di quella gentilezza vera e sincera che ti rende serena, felice di essere proprio lì e in nessun altro posto. La vera bellezza sta nel profumo della frutta appena tagliata, nella delicatezza del frangipane, nel sorriso di un bambino che incontri per strada, nella preghiera di una donna indù.

 

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