#angieinvaligia

5 Maggio 2018, sabato

Lisbona poetica, decadente e luminosa.

La campagna o la natura non mi possono dare niente che valga la maestria irregolare della città tranquilla, sotto il chiaro di luna vista dalla Graca o da San Pedro de Alcantare. Non ci sono per me fiori come il ricco cromatismo di Lisboa sotto il sole” (Fernando Pessoa. Diario dell’inquietudine)

Lisbona respira con Pessoa e trasmette al viaggiatore un po’ di questo respiro…

 

Tre giorni per visitarla,

tre aggettivi per definirla: poetica, decadente, luminosa

e tre oggetti per rappresentarla: gli azulejos, i pasteles de Belém e i tram d’epoca.

Lisbona è una cartolina, una passeggiata e un tramonto.

Lisbona è quella semplicità che ti fa essere felice.

Lisbona è una città di mare e come tutte le città di mare ha qualcosa da raccontare… qualcosa che arriva dall’Atlantico e danza come una canzone, come una melodia, come un fado.

Lisbona è insieme tante cose che mi hanno fatto innamorare.

E’ un bicchierino di ginjinha (liquore a base di ciliegie) bevuta al Decadente,  tra risate e musica.

E’ il viaggio sul  vecchio e sgangherato tram 28 che porta da Praca Martim Moniz a Campo Onrique… passando per stradine ripide, tortuosi vicoli e  palazzi decadenti e con vecchi azulejos incastonati. Per arrivare poi in cima alla collina e godere della tavolozza di colori delle case con i panni stesi ad asciugare e a fare da sfondo, il mare.

Grigio, intenso come nelle migliori giornate d’inverno.

Lisbona è il castello moresco di Sao Jorge, appollaiato sulla collina e che domina su tutta la città.

(La storia moresca trapela dalle viuzze del quartiere dell’Alfama che sembra una medina, seducente intrico di vie acciotolate con porte colorate, murales e panni stesi al sole. Le note del fado si diffondono nell’aria di questi borghi di autentica bellezza assieme ai profumi delle sardine alla griglia…)

E’ la Sé, la cattedrale gotica di Lisbona simile ad una fortezza, costruita nel 1150 sul sito di una moschea subito dopo che i cristiani ebbero riconquistato la città ai Mori.

E’ assaggiare almeno un pastel de nata all’Antiga Confeiteria de Belém e poi fare fatica a smettere…

E’ entrare e uscire da chiese stupende ricche di storia e di storie

E’ visitare castelli, tombe, biblioteche e rivivere gli anni universitari e quell’esame di letteratura portoghese con il professor Vecchi.

E’ pasteggiare con vinho verde (chiamato così perché è un vino che va bevuto giovane)

E’ camminare a piedi per perdersi tra i vicoli e i mercatini vintage

E’ fotografare azulejos in ogni angolo della città e vivere la vita che scorre

E’ assaporarne le tradizioni, la cultura, il vento malinconico della saudade.

Lisbona è la cucina, ricca di colore e sapore. (Il Baccalà è il pesce più consumato in Portogallo. Per la maggior parte il merluzzo bianco viene utilizzato essiccato e salato, come vuole la tradizione peschereccia portoghese del Nord Atlantico che sviluppò questa tecnica prima dell’invenzione dei frigoriferi permettendo al pesce di mantenersi più a lungo. Pastéis de Bacalhau… crocchette di patate e baccalà di cui ho fatto indigestione.)

E’ conoscere gli abitanti del luogo.  (Ricordo con piacere il tassista che ci riportò in albergo dopo un forte acquazzone. Un portoghese che, toccandosi la pancia, mi disse che si è portoghesi prima qui, nella pancia appunto e poi qui, toccandosi il cuore. Questo per farci capire come le abitudini gastronomiche di un popolo, soprattutto se questo popolo è del Sud dell’Europa, sono più vive e più radicate che mai. E strappando un biglietto del radio taxis de Lisboa, mi scrisse a matita nome e indirizzo di una trattoria dove mangiare bene ma soprattutto un luogo dove lui andava a mangiare. (Quel foglietto lo conservo ancora. E il nome della piccola e modesta trattoria è “ò Piteu” in Largo da Graca.)

I tram d’epoca, la luce atlantica, la cucina ricca di sapore, la gente simpatica e gli azulejos

A distanza di anni credo di sapere perché all’università scelsi di studiare lingue neolatine, hanno una strana magia che le pervade, i popoli latini hanno una semplicità e una genuinità che li contraddistingue.

E’ quella lentezza mescolata a musicalità che rendono così affascinanti i popoli latini.  E oggi come allora penso che il miglior modo di imparare una lingua sia quello di viverne la terra d’origine.

E così continuo a farlo da sempre… vivere l’anima dei luoghi che scelgo di visitare per arricchirmi di saperi e sapori, di sguardi e di leggerezza, di musicalità e di lentezza.

 

 

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